venerdì 22 giugno 2007

Io Non Tremo



Non ho paura delle tenebre, dell'oscurità, della notte. Temo piuttosto me stessa, il male che sono capace di autoinfliggermi. Temo il mio riflesso nello specchio, il non riconoscermi dopo che l'inquietudine ha preso corpo ed ha agito su di me, trasferendo energia negativa. Temo la mancanza di forza di volontà che a volte prende possesso della mia mente e mi impedisce di fermare l'impeto autodistruttivo. Temo i miei sensi di colpa, che sempre affiorano dopo lo scempio.
Non so come arrestare il flusso masochistico che mi porta a rendere visibile, mio malgrado, lo sconvolgimento interiore, impercettibile altrimenti dall'esterno. Sono preda della paura, dell'ignoto oscuro signore che si nasconde nella mente di ognuno di noi. L'essere ipercritico, castigatore, che giudica e insinua il tarlo del dubbio: "Non hai fatto abbastanza". L'insoddisfazione latente si autoalimenta e preme per uscire allo scoperto. Senza che tu lo voglia, il tuo corpo grida silenziosamente al mondo: "Non sono soddisfatto di me stesso".
Già, potevo fare di più. Ma non è mai abbastanza.

Odio questa severità nel giudicarmi inconsapevolmente, quest'ansia della perfezione in ogni cosa che faccio, questa sindrome del dover spingere sempre il piede sull'acceleratore per sentirmi adeguata, degna, meritevole di affetto.

Sono momenti. Il nuovo sole aspetta solo di sorgere e lenire le ferite aperte. Peccato per le cicatrici, loro non potranno mai scomparire del tutto.

domenica 10 giugno 2007

Hallelujah

Oggi ho sentito il bisogno di sentire questa canzone. Di ascoltare quell'angelo di nome Jeff Buckley cantarla solo per me.

Sono giorni, mesi, anni che covo dentro un dolore iniziato nel '95 che mai ho elaborato definitivamente. Ho paura ad affrontarlo. So che ogni volta che provo a farlo crolla una diga e vengo travolta. Non posso permettermi di lasciarmi sopraffare dal dolore. Anche se guardando attentamente il palmo della mia mano sinistra questa frattura è ben visibile. La linea della vita è spezzata proprio in quel punto... La prima volta che ci ho fatto caso mi sono venuti i brividi. Non credo a queste cose, ma quella linea, ogni volta che mi capita di guardarla, mi ricorda ciò che è stato.


Il dolore è più forte di noi e non si può sempre ignorarlo. Soprattutto quando i corsi e i ricorsi ci riportano indietro. E ci sono periodi come questo in cui gli eventi tornano a materializzarsi, come se il tempo non fosse mai passato. E dentro di me sento l'urgenza, il bisogno di scrivere, di urlare al mondo quella sofferenza che ho nascosto per tanto tempo, che solo in pochi hanno potuto lenire con una carezza o parole sincere. Sento che ho un fiume che mi scorre nelle vene e potrebbe straripare quando meno me lo aspetto.
Forse un giorno troverò la forza di parlare chiaro. Di mettere nero su bianco un turbine di emozioni violente, che spaventano anche me. Per ora lascio che sia la musica a parlare e a guarirmi.

Dialogo a distanza


Tremano i piatti della batteria sotto i colpi sferzanti delle tue bacchette. La tua rabbia vibra nell'aria mentre le braccia si agitano in cerca del ritmo. La sento nello stomaco.
Un piede batte il tempo incontrollato, il tuo sguardo mi cerca nel locale. Un occhio fa attenzione alle bacchette, l'altro scruta il fondo, mi ha trovato.

Inutile nascondermi. Inutile abbassare lo sguardo. Quello che avevi da dirmi non l'hai ancora detto, l'ho sentito risuonare questa notte.

Le lacrime di un uomo

Le lacrime di un uomo sono pietre preziose, intimi frammenti dell'io svelati nell'oscurità, segreti non detti, grida sussurrate di un'anima che sanguina.
Le lacrime di un uomo, una sensibilità nascosta dietro sguardi impenetrabili, la durezza apparente, la vena brillante da mostrare agli amici, il silenzio improvviso che chiede rispetto.
Allungo le dita e attraverso le trame invisibili dello spazio e del tempo per toccare quelle lacrime e farle un po' mie.
Il tuo sorriso dopo il pianto è la mia aurora boreale.

sabato 9 giugno 2007

Sul lavoro non ho il tempo di pensare. Mi concentro e la mia attenzione è solo per captare con ogni antenna gli eventi ed essere pronta ad intervenire. Sono sicura di me e do il massimo. Sembra che faccia questo da anni.

Non mi domando chi sono, né da dove vengo, quando lavoro. Me lo tengo bene a mente ed è per me motivo di orgoglio. In un mondo di "imbucati", "miracolati", "figli di", sono una privilegiata. Ma perchè me lo sono meritato.
"Sei affidabile", mi dicono, "di te possiamo fidarci". Certo. Perchè nella vita a me hanno sempre insegnato che chi rompe paga e i cocci sono suoi. Non ho mai avuto né voluto qualcun altro che lo facesse al posto mio. Sarà per questo che faccio di tutto per non sbagliare. E se a volte sbaglio non mi nascondo, ma riparo i danni in silenzio. Può sembrare faticoso, ma in realtà aguzza l'ingegno. Dover trovare soluzioni agli imprevisti in pochi secondi richiede uno sforzo di fantasia e creatività che solo chi è abituato ad arrangiarsi con poco può avere. È un'elasticità mentale che nasce dal tuo passato, dal tuo percorso personale.
Ed è così che, mentre svolgo il mio lavoro, in silenzio, senza lamentarmi mai, ogni tanto capto qualche occhiata fra l'incuriosito e l'ammirato. Sarà perchè ho un viso che mi fa sembrare un'adolescente e una riservatezza che rasenta la timidezza, e tutto ciò contrasta con la sicurezza che metto nel mio lavoro. Perchè do sempre il massimo, ce la metto tutta. So che solo così ho avuto le migliori possibilità della mia vita. So che se sbaglio non ci sarà nessuno a metterci la pezza. E un'altra occasione non ci sarà.

In un ambiente in cui tutti o quasi sono raccomandati e di famiglia benestante, mi viene da ridere pensando che gli altri diano per scontato che lo sia anch'io. Sì, certo, anch'io sono stata segnalata da una persona. Ma perchè ha creduto in me, in quello che ho dimostrato di saper fare. E magari nessuno ci crederà, ma io e questa persona nemmeno ci frequentiamo, non abbiamo alcun rapporto d'amicizia. E le parole con cui lei mi ha presentata, mi hanno permesso di ottenere uno stage con un minimo rimborso spese. L'ennesimo stage.

Raccomandata? Sì, ma da me stessa, e la strada è ancora tutta in salita.


Per fortuna dentro di me porto sempre il mio sogno, che guida i miei passi e mi spinge lontano...
Non esistono più le classi sociali. Lo dicono in tanti. Oggi giorno non si riescono più a distinguere come una volta le persone ricche dalle povere. O, almeno, è diventato più difficile.

Eppure, sarà una questione d'allenamento, sarà che alcuni non si mimetizzano, la differenza c'è e si vede. Provate a fare la spesa in un supermercato nel quartiere Prati, a Roma. Il contrasto fra i commessi e la gente in fila alla cassa sarà stridente. Giacche Dolce e Gabbana, pantaloni Cavalli, uomini con eleganti e costosi cappotti. Borsette e occhiali da sole griffati.
Ma non è solo l'abbigliamento che fa la differenza. È lo sguardo, l'atteggiamento, il modo di estrarre dal portafoglio la carta di credito, la gestualità, lo scrollarsi i capelli con un movimento del capo. La scortesia e la maleducazione implicite nell'ipocrisia delle buone maniere. Parole velenose e insolenti, celate alla perfezione dietro un sorriso affabile e una voce melliflua. L'impazienza di aspettare il proprio turno alla cassa per comprare poche cose distrattamente dimenticate solo poche ore prima, manifestata indelicatamente davanti a una signora che di venerdì sera, venti minuti dopo le otto, dopo ore scandite da gesti meccanici e noiosi, non aspetta altro che la libertà di tornarsene dalla sua famiglia.

Ancora più strano per me trovarmi lì, in bilico tra due mondi. Uno in cui pochi mesi fa lavoravo, l'altro in cui mi sto affacciando ora, di nuovo per questioni lavorative.

Quante bugie sono state dette sulla lotta di classe.
In realtà non potrà mai esserci che un solo vincitore.

[Scritto il 17 marzo 2007]

Coincidenze. Casualità. Istinto. Angeli custodi. Alchimie del destino.

Sbagliare direzione prendendo la metropolitana. Ritrovarsi per caso davanti a una pizzeria a taglio proprio nel momento del bisogno. Trovarsi a parlare con una sconosciuta di lavoro e turni massacranti, mal di schiena e dolore ai piedi. Di mendicanti fuori di testa che lanciano portafazzoletti di metallo per un pezzo di pizza negato da chi vorrebbe ma non può, perchè una telecamera lo controlla.
Incontrare a una fermata di autobus un aiutante inaspettato. Quattro chiacchiere per sorridere alla vita e al nuovo giorno. Arrivare in ospedale e non sentirne il peso. Parlare con un'anziana che attacca bottone e augurarle buona giornata con un sorriso.
Frasi fatte che prendono vita. Sorridi e la vita ti sorriderà.

[Scritto il 17 marzo 2007]

Era completamente immersa in un'atmosfera surreale. Quando il convoglio della metropolitana per un istante riemerse in superficie, veloce si voltò indietro a guardare il Tevere. Placido e immobile il riflesso del ponte di pietra. In quel momento ebbe la certezza che tutto sarebbe andato bene.

[Scritto il 17 marzo 2007]
Sono felice. Sento esplodere dentro di me atomi di gioia. Particelle infinitesimali volteggiano vorticosamente nel mio corpo e mi danno una sensazione di ebbrezza che da tempo non provavo. Lacrime di commozione gioiosa premono prepotenti contro le pupille, ansiose di scorrere e liberarsi. Ho trovato la mia dimensione, il mio posto nel mondo.


Ora si tratta solo di allenarsi duramente per poterlo raggiungere. Ma non ho più paura. So finalmente quali sono le mie possibilità e ho trovato il mio faro nella notte, che mi fa luce e mi aiuta ad avventurarmi nei cunicoli oscuri dell'avvenire.

[Scritto il 24 febbraio 2006]