sabato 9 giugno 2007

Non esistono più le classi sociali. Lo dicono in tanti. Oggi giorno non si riescono più a distinguere come una volta le persone ricche dalle povere. O, almeno, è diventato più difficile.

Eppure, sarà una questione d'allenamento, sarà che alcuni non si mimetizzano, la differenza c'è e si vede. Provate a fare la spesa in un supermercato nel quartiere Prati, a Roma. Il contrasto fra i commessi e la gente in fila alla cassa sarà stridente. Giacche Dolce e Gabbana, pantaloni Cavalli, uomini con eleganti e costosi cappotti. Borsette e occhiali da sole griffati.
Ma non è solo l'abbigliamento che fa la differenza. È lo sguardo, l'atteggiamento, il modo di estrarre dal portafoglio la carta di credito, la gestualità, lo scrollarsi i capelli con un movimento del capo. La scortesia e la maleducazione implicite nell'ipocrisia delle buone maniere. Parole velenose e insolenti, celate alla perfezione dietro un sorriso affabile e una voce melliflua. L'impazienza di aspettare il proprio turno alla cassa per comprare poche cose distrattamente dimenticate solo poche ore prima, manifestata indelicatamente davanti a una signora che di venerdì sera, venti minuti dopo le otto, dopo ore scandite da gesti meccanici e noiosi, non aspetta altro che la libertà di tornarsene dalla sua famiglia.

Ancora più strano per me trovarmi lì, in bilico tra due mondi. Uno in cui pochi mesi fa lavoravo, l'altro in cui mi sto affacciando ora, di nuovo per questioni lavorative.

Quante bugie sono state dette sulla lotta di classe.
In realtà non potrà mai esserci che un solo vincitore.

[Scritto il 17 marzo 2007]

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